
Il 27 maggio 1964 e il 27 maggio 1965, in casa Inter sono due date che rimarranno scolpite per sempre nella memoria perché furono i giorni nei quali la Grande Inter di patron Angelo Moratti e del mago Helenio Herrera si issò per due volte sul tetto d’Europa e lo fece al cospetto del gota del calcio europeo di quegli anni (il Real Madrid battuto al Prater di Vienna 3-1 con Mazzola a dare il là al trionfo… e il Benfica che in una notte da tregenda fu affondato a San Siro da un guizzo di Jair al tramontar del primo tempo). Messe in bacheca le due prestigiosissime Coppe dei Campioni (seguite da altrettante Coppe Intercontinentali) la caratura internazionale di quella memorabile Inter continuò a far parlare di sé fermandosi, però, a un passo dal successo nel 1967 (a batterla furono i Lisbon Lions, appellativo cucito al Celtic capace di compiere un’autentica impresa) e nel 1972 anche se contro l’Ajax della stella Johan Cruijff che in quegli anni giganteggiava dei protagonisti delle tre finali erano ormai rimasti in pochi. Per rivedere l’Inter in finale di Coppa dei Campioni (finale sfumata due volte a cavallo tra gli anni ’80 e 2000) trascorsero 38 anni lunghissimi ma in quel 2010 (era il 22 maggio…) i neroazzurri di Josè Mourinho non solo giunsero all’ultimo atto ma la vittoria sul Bayern Monaco (messo al tappetto da un implacabile Milito) che permise di alzare al cielo la terza Coppa dei Campioni le fece scrivere una pagina che in Italia non aveva mai scritto nessuno… una pagina il cui indelebile marchio reca la dicitura “triplete”.
Trascorsi tredici anni rieccola nuovamente in finale ma al cospetto del Manchester City di Pep Guardiola (due anni prima rimasto al palo cedendo al Chelsea) arrivò una sconfitta che lasciò tanto rammarico. Quell’Inter con in panca Simone Inzaghi da quella sconfitta ha fatto tesoro ed è molto cresciuta e dopo aver messo le mani sullo Scudetto numero 20 con la Seconda Stella a far da cornice appena un anno fa, il prossimo 31 maggio a Monaco di Baviera si giocherà la sua settima finale di Coppa dei Campioni. A sfidarla all’Allianz Arena ci sarà il Paris S.G. di Luis Enrique (per l’Inter, dopo: Spagna, Portogallo, Scozia, Olanda, Germania e Inghilterra, la cartografia europea che fa rima con finale di Coppa dei Campioni si allarga alla Francia…) la cui stagione è stata finora perfetta avendo vinto in patria tutto ciò che c’era da vincere.
Appuntamento quindi in finale quando l’edizione numero 70 della Coppa dei Campioni svelerà chi sarà la regina indiscussa d’Europa che succederà al Real Madrid campione in carica. Quel Real Madrid che 61 anni fa, spodestato dall’Inter issatasi per la prima volta nella sua storia sul tetto d’Europa, Gianni Brera decantò così “Un alato vibrante epinicio per l’Inter campione delle squadre campioni! Succede al Milan nel libro d’oro del calcio continentale. Rivendica e conferma alla nostra Milano la dignità di capitale calcistica d’Europa. Vince la Coppa dei Campioni e realizza l’impresa - ancor oggi unica nella storia del nostro calcio - di rimanere in lizza per il titolo nazionale. L’epinicio è frettoloso, ma schietto. Lo dedichiamo di tutto cuore alla beneamata dei milanesi. Ha riportato al Prater un perentorio successo. Ha esaltato sotto gli occhi di un migliaio di inviati da tutto il mondo il modulo tradizionale del nostro calcio. Il vecchio e arrembato Real Madrid è stato dapprima contenuto magistralmente e poi quasi umiliato, secondo i canoni della parata e della risposta in contropiede. L’epinicio per l’Inter non comporta necessariamente un epicedio per il Real. Questa famosa compagine aveva umiliato il Milan a Madrid e alcuni critici frettolosi avevano comodamente criticato il modulo anziché il Milan. In effetti l’Inter ha impostato la stessa partita sotto l’aspetto tattico, ma con bel altro piglio. Tempo, stile ed energia hanno esibito i difensori dell’Inter così da incantare quei raffinati intenditori di calcio che sono gli austriaci. I diabolici giocolieri del Real non hanno mai avuto requie. Capitan Picchi è stato un battitore superbo, un regista difensivo quale non esiste oggi in Europa... Ecco qua, cara vecchia Inter, Beneamata dai milanesi, mentre nel celebre Prater di Vienna si celebra il tuo trionfo, noi stentiamo a cavare dall’ormai annoso mestiere il minimo indispensabile a esprimere la nostra gioia di sportivi. È questo il nostro destino, il tifo logora e sconvolge, dopo aver tanto esultato. L’amara chiusa è perfino umiliante per chi ben altre note avrebbe voluto battere sulla tastiera della portatile. Viva l’Inter, grido allora, e scendo anch’io come tanti pazzerielli a correre e a vociare intorno ai nostri ragazzi”.